La responsabilità del peronismo di fronte ai licenziamenti di Milei (Prensa Obrera)

Ancora una puntata dell’interminabile “equivoco” del peronismo argentino, storico perno dell’establishment borghese argentino e ora “oppositore di sua maestà” del governo Milei, con il quale amoreggiano anche le burocrazie sindacali di matrice peronista, nonostante la raffica dei licenziamenti avvenuti e programmati dall’esecutivo aggressivamente anti-operaio appena entrato in carica, e di continuo contestato dalla mobilitazione delle piazze. Riprendiamo, su questa vicenda, un articolo di “Prensa Obrera”. (Red.)

Prensa Obrera, 31 marzo

Milei ha lanciato un piano di guerra contro i lavoratori

In un recente rapporto, Máximo Kirchner [figlio della ex-presidente e poi vice-presidente peronista dell’Argentina dal 2007 al 2013 – n.] ha lusingato Milei perché sta facendo ciò che ha promesso in campagna elettorale, legittimando così le migliaia di licenziamenti, di sospensioni, le contrazioni dei salari e delle pensioni del governo reazionario. Simili parole ha avuto anche Massa [il candidato del partito peronista “alternativo” a Milei, da cui è stato sconfitto al ballottaggio – n.], il quale, come il figlio di Cristina Kirchner, postula che si debba attendere la fine del mandato di questo governo antioperaio: “il nostro ruolo più importante in questa fase non è parlare, ma ascoltare” – ha detto – mentre prevede “che la società argentina perderà posti di lavoro e dobbiamo prepararci ad aiutare i vicini e le imprese che non potranno pagare l’elettricità, e non glielo dico nemmeno se l’aumento del gas sarà confermato” (Clarín , 28 marzo). Cristina K. ha trovato coincidenze chiave tra lei e Milei riguardo la riduzione dello Stato, la riforma del lavoro e le proposte sulla scuola pubblica.

Con questo orientamento di fondo, le burocrazie sindacali peroniste dei CTA (Centrale dei Lavoratori Argentini) di Hugo Yasky e Hugo “Cachorro” Godoy e del UPCN (Unione del Personale Civile della Nazione, appartiene alla CGT, Confederazione Generale del Lavoro, ed è uno dei due sindacati del pubblico impiego) di Andrés Rodríguez stanno facendo passare senza muovere un dito gli oltre 15.000 licenziamenti che Milei intende attuare, culminando nel mese di marzo, licenziamenti che fanno parte di un’offensiva dichiarata di ben 70.000 licenziamenti nell’apparato di Stato.

Daniel Catalano, segretario generale dell’ATE (Associazione dei Lavoratori dello Stato, l’altro sindacato del pubblico impiego), accetta con cognizione di causa i massicci licenziamenti: “Abbiamo poco più di 10.000 licenziamenti. E’ molto probabile che quanto detto da Milei sui 15.000 licenziamenti sia vero, più o meno. Purtroppo, in questi numeri ci sono colleghi che lavorano lì da più di 20 anni” (Clarín, 29 marzo).

Aguiar (segretario generale di ATE) sostiene una cosa ancora peggiore, cioè che “non accetteremo alcun licenziamento illegale” e che “i licenziamenti di Milei non sono propri della democrazia”. La prima affermazione si riferisce alla perdita di decine di migliaia di lavoratori a contratto in 40 anni di “democrazia”, proprio da parte dei governi peronisti più di ogni altro. La seconda è l’insabbiamento di tutti i governi anti-operai sostenuti dai partiti del sistema ed è una menzogna, perché il governo democratico rieletto di Menem ha compiuto un massacro che ha portato la disoccupazione al 18% nel 1998.

Andrés Rodríguez (segretario generale della UPCN) ha negato apertamente che sia necessaria un’azione di forza, tanto meno uno sciopero.

Licenziamenti e sospensioni nel privato

Ma l’emorragia non è solo tra gli statali. Nel solo mese di febbraio si sono registrati 16.480 licenziamenti, contro nessuno nello stesso mese del 2023, e sono dovuti al “forte calo delle vendite, alle chiusure di aziende, al risanamento delle spese comunali e alla paralisi dei lavori pubblici”. Allo stesso tempo, si registrano 16.553 sospensioni, come quelle di Acíndar (acciaieria del gruppo Arcelor Mittal) e centinaia di pensionamenti volontari, che non sono altro che licenziamenti nascosti.

Nell’Uocra (Unione Operaia delle Costruzioni, sindacato degli edili), da quando Milei è entrato in carica, “sono andati perduti 50.000 posti di lavoro diretti e più di 100.000 posti di lavoro indiretti” (Pagina 12, 30 marzo). All’Uom (Unione Operaia dei Metallurgici) ci sono massicce sospensioni. Nel frattempo, il suo segretario generale, Abel Furlán, si sforza di contenere la rabbia degli operai, pur riconoscendo che “l’apertura alle importazioni e la riforma del lavoro in corso causeranno la perdita di posti di lavoro stimata in 70.000 persone (Anred , 23 marzo)”. A questo si aggiungono migliaia di licenziamenti nel tessile, nelle calzature, nell’alimentare, nella lavorazione delle carni, nel commercio, nei laboratori del legno, dei mobili, nell’alimentare e un lungo eccetera.

La CGT, strategica perché passino i licenziamenti

“Giorni fa Pablo Moyano, uno dei segretari generali della CGT, assicurava che dobbiamo stancare Javier Milei finché non se ne andrà. Tuttavia, ha chiarito che nessuno vuole che (Milei) se ne vada prima, dobbiamo sconfiggerlo con i voti” (Ámbito, 28 marzo). Le dichiarazioni di Moyano coincidono pienamente con l’atteggiamento dei “ciccioni” della CGT, come Daer e Acuña, che hanno avviato un veloce processo di negoziazione con il governo nazionale, a partire dall’”atterraggio” di Julio Cordero, l’avvocato del gruppo Techint [un gruppo che fa capo agli industriali e finanzieri italiani Rocca – n.], a capo del Ministero del Lavoro. Cordero è una vecchia conoscenza dei boss della CGT. C’è stata collaborazione e un lavoro condiviso per anni, hanno fatto notare diversi membri del sindacato che lo hanno chiamato la settimana scorsa non appena si è resa nota la sua nomina” (Clarín, 30 marzo). Per la burocrazia sindacale lo sciopero lontano e isolato del 24 gennaio ha dato i suoi frutti.

La politica criminale di lasciar passare l’intento di 15/20.000 licenziamenti tra gli statali è un apporto strategico del peronismo e della burocrazia sindacale a favore del governo di minoranza Milei, che si trova a fronteggiare crescenti resistenze dal basso da parte dei lavoratori statali e dall’insieme della classe operaia e dei settori sfruttati. Dobbiamo fermare con la lotta quello che sarebbe un duro colpo per tutta la classe operaia.

Per sconfiggere Milei, delimitazione del nazionalismo borghese

La resistenza operaia e popolare al governo reazionario è una delle caratteristiche principali dei primi 100 giorni di Milei al potere. I 500 picchetti contro la penuria delle mense popolari, gli scioperi degli insegnanti nelle province e nelle università, le mobilitazioni degli operai del settore metallurgico, l’8 marzo e il 24marzo, il ripudio popolare contro l’adeguamento delle pensioni, contro tutte le tariffe che crescono, insieme alla lotta dei lavoratori statali che, nonostante la paralisi delle burocrazie sindacali, si mobilitano per affrontare i licenziamenti.

Queste lotte costituiscono la base per imporre uno sciopero generale alle burocrazie delle centrali sindacali e un piano di lotta crescente che sconfigga Milei. Questa lotta è per forza associata alla necessità di rompere con il peronismo che, come con Macri, permette a Milei di portare avanti il ​​piano di guerra contro il popolo argentino.

Sciopero nazionale e mobilitazione subito in Plaza de Mayo, per sconfiggere i licenziamenti statali di Milei!
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